DI COSA PARLA
Quarta di copertina del libro "Sono un uomo morto" (di Federico Monga,Rocco Varacalli)
“Ho condiviso la cella con gente del calibro di Rosario Barbaro, i Trimboli, i Nirta, i Morabito, che mi hanno confidato omicidi, estorsioni, intrighi con la politica e l’economia... Le ditte calabresi hanno operato in tutti i business più importanti: la ferrovia ad alta velocità, la nuova autostrada Torino-Milano, le Olimpiadi invernali del 2006, il porto di Imperia, solo per citare gli affari più clamorosi.”
Rocco Varacalli
“Sono stato io ad aprire agli inquirenti il libro della ’ndrangheta.” Questa è la storia dell’uomo che per primo ha raccontato l’infiltrazione della ’ndrangheta nel Nordovest d’Italia, in particolare in Piemonte e in Liguria. Si chiama Rocco Varacalli, la sua è un’epopea criminale che inizia in Calabria e finisce a Torino. Nel mezzo scorre una vita violenta, qui raccontata in prima persona e dall’interno dell’organizzazione.
Più volte arrestato,Varacalli è stato condannato per traffico di stupefacenti. Dodici anni di militanza che gli hanno valso contatti di primissimo livello nell’onorata società, fino alla decisione di diventare testimone di giustizia. La sua confessione è diventata l’architrave dell’inchiesta Minotauro che nel giugno 2011 ha portato all’arresto di 150 persone e al coinvolgimento di politici, assessori, consiglieri regionali e imprenditori.
L’alta velocità, i cantieri delle Olimpiadi invernali a Torino, la costruzione del centro commerciale Le Gru di Grugliasco (Torino) con le famiglie calabresi che stringono la mano a Berlusconi il giorno dell’inaugurazione, il porto di Imperia in Liguria. E poi il traffico internazionale di droga dall’America del Sud all’Europa e alle grandi città dell’Italia del Nord, passando
per l’Africa.
Varacalli racconta tutto: la scelta di pentirsi, le pressioni della famiglia, il disconoscimento, le minacce, le stragi e gli omicidi. E come funziona l’organizzazione.
La sua testimonianza, giudicata attendibile da almeno due sentenze, è drammatica. Ora politici e amministratori non possono più far finta di niente e dire: io non sapevo. Troppi si sono fatti usare e hanno usato la malavita calabrese per vincere le loro battaglie personali e guadagnare consenso. Intanto i processi vanno avanti e Varacalli continua a definirsi un morto che cammina.
Federico Monga vive a Napoli dove, dal luglio del 2010, è vicedirettore del quotidiano “Il Mattino”. Ha iniziato l’attività giornalistica collaborando con “l’Unità” e il quotidiano “La Provincia Cosentina”. È stato caposervizio al “Giornale del Piemonte”, poi è passato a “La Stampa”, dove ha ricoperto l’incarico di responsabile dell’inserto “Tuttosoldi” e di vicecaporedattore all’Economia e alla Cronaca di Torino. SONO UN UOMO MORTO è il suo primo libro.
Rocco Varacalli, nato a Natile di Careri (Reggio Calabria) nel 1970, affiliato alla ’ndrangheta calabrese dal 1994, ha trafficato droga per vent’anni, a partire dal 1987. Dopo l’arresto nel 2006 ha deciso di pentirsi e di collaborare con la giustizia. Padre di quattro figli, arrestato sette volte e condannato a diciassette anni in Cassazione come mandante di un omicidio, ha vissuto in località segrete. Ora è detenuto nel carcere di Torino.
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"Parla il pentito che ha svelato i segreti della ‘ndrangheta al Nord"
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Sono un uomo morto
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"Parla il pentito che ha svelato i segreti della ‘ndrangheta al Nord"
autore:
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Federico Monga,Rocco Varacalli
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collana:
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Principio attivo
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dettagli:
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192 pagine
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prezzo:
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13,9 €
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PRETESTI PER LEGGERLO
del libro "Sono un uomo morto" (di Federico Monga,Rocco Varacalli)
“Abbiamo Torino in mano, noi! Se decidono di sparare a qualcuno devono prima rendere conto a noi.” Giacomo Lo Surdo, uomo di fiducia di Adolfo Crea, il capo a Torino del “crimine” (la cellula armata della ’ndrangheta), si vanta con la fidanzata del potere del suo gruppo di fuoco.
“Diciamo a questi che conosciamo che facciamo votare Fassino.” Salvatore De Masi detto “Giorgio”, capo della ’ndrangheta a Rivoli, al telefono con il deputato Domenico Lucà del Pd che gli chiede appoggio per la candidatura di Fassino alla carica di sindaco di Torino, 21 febbraio 2011.
“Io mi affido alla rete delle conoscenze e degli amici. Mi affido a voi.” Fabrizio Bertot, sindaco di Rivarolo Canavese e candidato per il Pdl alle elezioni per il Parlamento europeo, in un incontro a cui partecipano elementi di spicco della ’ndrangheta torinese, 27 maggio 2011.
“La comunità calabrese è la nostra ricchezza.” L’imprenditore Nevio Coral a una cena con alcuni pezzi grossi della ’ndrangheta organizzata per raccogliere voti per il figlio Ivano, candidato del Pdl alle elezioni provinciali, 20 maggio 2009.
“Mi chiamo Rocco Varacalli, da quindici anni sono affiliato alla ’ndrangheta, ho trafficato quintali di droga, posso svelare omicidi, estorsioni, traffici loschi con l’economia e la politica.” Lettera con cui Rocco Varacalli manifesta al pm di Torino Roberto Sparagna la sua intenzione di collaborare con la giustizia, 17 ottobre 2006.
“Non siamo più la sua famiglia. Non è degno, come non lo è mai stato, di dire che fa parte di una famiglia unita, pulita e onesta come la nostra.” Lettera di alcuni familiari di Rocco Varacalli pubblicata sul quotidiano “Calabria Ora” il 22 aprile 2010, dopo le sue rivelazioni al processo Stupor Mundi sul ruolo delle cosche calabresi nel traffico internazionale di droga.
“So bene che posso essere ucciso da un momento all’altro. La ’ndrangheta non perdona. Ma questa è la strada che ho scelto.” Rocco Varacalli.
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