Giovanni Spinosa
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Giovanni Spinosa ha all’attivo vent’anni di servizio negli uffici giudiziari bolognesi, diciassette dei quali da pm, e un incarico come presidente della sezione penale del Tribunale di Paola (Cosenza), dove ha firmato la prima sentenza con cui una cosca di mafia (clan Muto) è stata condannata al risarcimento del danno in favore dello Stato per la lesione della sovranità statale sul territorio oggetto dell’occupazione mafiosa. Attualmente ricopre l’incarico di presidente del Tribunale di Teramo. In magistratura dall’81, da giudice istruttore prima e da pm dopo, ha diretto le indagini sui sequestri di persona a opera dell’Anonima sarda avvenuti in Emilia Romagna nella seconda metà degli anni Ottanta. Nelle stesse vesti e in stretta collaborazione con lo storico ufficio istruzione del Tribunale di Palermo, ha svolto le prime indagini sulle associazioni mafiose legate ai Corleonesi insediatesi a Bologna e in Romagna a partire dal 1984 (indagine su Salvatore Rizzuto, uomo d’onore legato a Pippo Calò), passando per il clan Rubino (1987-1988), fino all’inchiesta sulle bische che ha coinvolto Giacomo Riina (zio del più noto Totò) e Livio Collina (1990-1994). Si è inoltre occupato di diverse inchieste sulla ’ndrangheta, sulla stidda, sul doping nel ciclismo e sulla revoca della scorta a Marco Biagi, assassinato nel 2002 dalle Brigate rosse. È stato titolare dell’indagine sui crimini della Uno bianca, consumati in Emilia Romagna tra il 1987 e il 1994. Nel 2012, ha pubblicato per Chiarelettere "L'Italia della Uno bianca".
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le mie risposte
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Monica Mondaini: Gentile Spinosa,
anzitutto grazie per il suo libro, "L'Italia della Uno bianca". Volevo chiederle: com'è possibile che la relazione di Di Pietro durante il processo Medda ne abbia condizionato l'esito?
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Gentile lettrice, innanzitutto ti ringrazio per la tua attenzione e ti prego di scrivere quando vuoi.
Effettivamente, quando Marco Medda venne assolto dall'eccidio del Pilastro da una Corte d'Assise che affermava che era, sul luogo del delitto, assieme ai fratelli Savi, furono in molti a pensare che la decisione della Corte fosse stata influenzata dalla relazione Di Pietro. Di questo pensiero se ne fece interprete Anna Stefanini, mamma di uno dei carabinieri assassinati la sera del 4 gennaio 1991.
Era successo che Di Pietro, che da poco aveva abbandonato la toga, era stato incaricato dalla Commissione Stragi di redigere una relazione sulla Uno bianca. Nonostante l'imponenza del materiale da consultare redasse la relazione in poche settimane e, secondo quello che scrive Mauro Zani, un europarlamentare bolognese del PD, la relazione sarebbe stata redatta su carta intestata dello SCO, ovvero il sevizio centrale operativo della Polizia di Stato che svolgeva le indagini sulla Uno bianca. ( Leggi l'articolo di approfondimento su Cado in piedi)
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Patrick Wild: Gentile Spinosa,
sono un laureando in giurisprudenza con tesi sulle infiltrazioni mafiose in Romagna. Ho già avuto modo di parlare con esperti come Ciconte e Paci, ma mi rivolgo a Lei per avere ulteriori delucidazioni sul fenomeno.
Grazie.
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R
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Gentile lettore,
ritengo giusto e razionale coniugare la strategia dello stragismo mafioso con il tema della diffusione (preferisco tale termine al vocabolo infiltrazione) delle cosche mafiose al Nord.
Con particolare riferimento alla Romagna, penso che non ti sarà sfuggito il percorso ultraventennale che parte dall'omicidio di Romano Arcangelo ed arriva all'omicidio Guerra, né il deficit di conoscenza successivo al 1994.
Sono a tua disposizione per aiutarti, nei limiti delle mie conoscenze, in questa tua importante ricerca.
Ti saluto con cordialità.
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